Il diavolo e l’uomo alla luce di alcuni brani dell’Antico Testamento

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Introduzione

È opinione comune che la vita come la storia siano fatte di incontri. Con un gioco di parole posso dire che per me sia stato importante imbattermi con l’incontro più sconvolgente e misterioso della storia, anche perché da esso si dice dipendesse il destino dell’umanità intera. Mi riferisco all’incontro nel deserto tra il Diavolo e Gesù(1). Tra colui che è definito “il principe di questo mondo”(2) e colui che era venuto per vincere il mondo stesso (Gv 16,33). Entrambi si sono “scontrati” in un luogo che la tradizione aveva assegnato in proprietà ad ognuno dei due, all’uno in quanto strumento del Creatore, all’altro come suo habitat naturale, dimora sua e di tutti quegli animali che vengono presentati come strumenti del male.(3)
È proprio in questo campo che il diavolo è partito all’attacco, con tutte le sue armi, affinate nei secoli, per tentare il suo Signore.
Così il diavolo ha cercato di realizzare l’impossibile. Il suo piano è stato quello di salire definitivamente sul trono dell’Altissimo, auto-incoronandosi “Dio del Male”, vincitore sul “Dio del Bene”.
Ma poteva una creatura aspirare a tanto ?
È vero che Dio ad ogni sua creatura lascia la libertà di definirsi e costruirsi un proprio ruolo, ma può uno ritenersi Dio, o perfino diventarlo? Il Diavolo nel deserto tentò il salto di… autorità!”. Non fu il primo, come non è stato l’ultimo, la storia ce lo ricorda troppo spesso.
È il caso di parafrasare le parole rivolte dal serpente nell’Eden ad Eva: «Mangialo… e diventerai come Dio!», e immaginare che sia proprio il diavolo a pronunciarle in modo nuovo. Nel deserto, infatti, in qualità di spirito intelligentissimo dell’autodistruzione, il Diavolo sembra dire a se stesso: «Tentalo… e diventerai come Dio!». La sua tentazione più grande ha coinciso, però, con la sua più cocente sconfitta.
È stato questo incontro, dunque, il punto di partenza della mia ricerca. È il desiderio di conoscere più a fondo il più misterioso dei due “antagonisti” che mi h a spinto a questa ricerca e a questo studio. Mi sono messo sulle tracce di colui che Dostoevskij chiama “terribile ed intelligente spirito, spirito dell’autodistruzione e del non essere, il grande spirito, […] sapientissimo spirito”(4), di colui che, padre della menzogna, costantemente segue le orme dell’uomo, la creatura per eccellenza, voluta da Dio a sua immagine e somiglianza oltre che molto buono o bello(5), con l’unico, sapiente ed insinuante scopo di traviarlo.
Infatti sembra che dopo aver combattuto inutilmente con Gesù, il diavolo abbia cambiato destinatario del suo impegno. Dopo il fallimento del deserto, l’uomo diviene il suo primo interesse, il suo più fecondo e promettente campo di lavoro. Il diavolo si indirizza verso colui che da alcuni è ritenuto la principale causa della sua caduta(6).
Fino a quel fatidico incontro, la mia conoscenza del Diavolo, della sua natura, del suo insinuante modo di presentarsi, era molto lacunosa e popolare: secondo le forme si fermava agli ammiccamenti contrattuali con Faust; al fatto che si servisse dell’uno o dell’altro per governare il più o meno grande Impero del Male; alle più divulgative manifestazioni, sotto forma di grande o piccolo diavolo, alle prese con svariati esorcisti, che, armati di croce ed acqua santa, tra un vomito verde e una roteata di testa, ordinano a questo sulfureo fauno, secondo solo alle donne, di abbandonare le sue… pentole, stizzito e con un diavolo per capello. Nell’intraprendere questo studio ero dibattuto tra il considerare il diavolo o un facile e rassicurante simbolo, un inverosimile personificazione del Male e il seguire una Tradizione che lo presenta come
“una deficienza, ma anche una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa”(7).
Per questo motivo e per maggiore chiarezza mi sono rivolto direttamente alla Sacra Scrittura.
L’analisi di alcuni testi biblici, in questo primo momento in modo particolare quelli dell’Antico Testamento, mi ha dato la possibilità di sintetizzare alcuni dei tratti della natura di Satana e, quindi, cercare di segnare il sottile legame che lo stringe all’uomo. Da qui, poi, ho cercato, in maniera sintetica, di cogliere quello che può essere lo schema-tipo dell’agire umano non più libero, ma schiavo di quel tiranno che con la promessa di donare la felicità (terrena o ultraterrena) chiede in cambio la perdita della libertà.
Lo sforzo è consistito nel rispondere ad una antica domanda: «Che ho da fare io uomo con te(8),…male o… diavolo?».
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Note

(1) L’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto è riportato dai Sinottici in modo più o meno sintetico. Mentre Marco si limita a ricordare che anche Gesù fu tentato nel deserto da satana (Mc 1,12-13), Matteo e Luca (Mt 4,1-11; Lc 4,1-13) si dilungano nel narrare le sottili e perfide domande che il “tentatore”, o il “separatore” (diavolo) pose a Gesù. Sono la “giustifica” che nega anche la fede: la convenienza/interesse («Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane»); la paura del miracolo («Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede»); il potere («Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai»). A questo proposito si consiglia la lettura della Leggenda del Grande Inquisitore contenuta ne I Fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij.
(2) Espressione tipica dell’Apostolo Giovanni per indicare il diavolo. “Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori” (Gv 12,31). Si veda anche Gv 14,30; Gv 16,11. Paolo nella Lettera agli Efesini (2,1-2) arriva a definirlo “principe delle potenze dell’aria” («Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli») o nella seconda lettera alla comunità di Corinto (2Cor 4,3-4): “dio di questo mondo” («E se il nostro vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono, ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio».).
(3) “Il deserto è il luogo della non-vita e del peccato e per questo “popolato” da peccatori, demoni e dal capro espiatorio. Basti pensare che lo stesso Caino viene associato ai popoli nomadi del deserto in quanto, dopo aver ucciso Abele, diviene “ramingo e fuggiasco sulla terra”, e marcato da un segno, proprio come i popoli del deserto erano segnati dai tatuaggi. Ma il deserto è anche il luogo dove viene cacciato Ismaele (Genesi 21,14), figlio di Abramo e Agar, colui che darà origine agli Ismaeliti; il deserto è anche il luogo in cui viene cacciato il capro espiatorio (Levitico 16,10) carico dei peccati di tutto il popolo (G. Tavard, Satana, Cinisello Balsamo 1990, p. 37. 46).
(4) F. Dostoevskij F., I Fratelli Karamazov, I, Novara 1984, pp. 245.248
(5) La Bibbia interconfessionale in lingua corrente preferisce il termine «bello/a», in quanto esprime la gioia procurata dalla creazione, alla più classica versione buono/a, che dà più forza al fatto che ciò che è creato è utile.
(6) Si legge ne La vita di Adamo ed Eva (12-16), testo apocrifo dell’Antico Testamento: “Al che il diavolo gli [ad Adamo, n.d.r.] rispose gemendo: «O Adamo, all’origine di tutta l’inimicizia, dell’invidia e del dolore ci sei tu: è per causa tua, infatti, che sono stato spogliato dello splendore che avevo in mezzo agli angeli, ed è (ancora) per causa tua che sono stato gettato sulla terra». Gli replicò Adamo: «Che cosa ti ho potuto fare e in che consiste la mia colpa, visto che non ti conoscevo?». Replicò (ancora) il diavolo: «Come puoi andar dicendo che non hai fatto nulla? Eppure è per causa tua che sono stato gettato (sulla terra). Nel giorno in cui fosti creato, io fui gettato (sulla terra) lontano dal cospetto di Dio ed estromesso dal consorzio degli angeli. Quando Dio inalò in te lo spirito di vita e il tuo volto e la tua figura furono fatti ad immagine di Dio, Michele ti portò a farti adorare alla presenza di Dio; e Dio disse: «Ecco ho fatto Adamo a nostra immagine e somiglianza». Michele (allora) andò a chiamare tutti gli angeli e disse: “Adorate l’immagine del Signore Dio”; ma io ribattei: «No, io non ho motivo di adorare Adamo», ma, poiché Michele mi costringeva ad odorare, gli dissi: «Perché mi costringi? Non adorerò uno inferiore a me, perché vengo prima di ogni creatura e prima che egli fosse creato io ero già stato creato; è lui che deve adorare me, e non viceversa». Udendo queste cose gli angeli del mio seguito si rifiutarono di adorare. Michele insisté (ancora) con me: «Adora l’immane di Dio; che se non adorerai il Signore Dio si adirerà con te». Ed io risposi: «Se si adira con me vuol dire che stabilirò la mia dimora al di sopra delle stelle del cielo, e che sarò simile all’Altissimo». E il Signore Dio si adirò con me e mi fece espellere dal cielo – privandomi della gloria – insieme con i miei angeli. E così per causa tua fummo cacciati dalla nostra dimora e gettati sulla terra.”
(7) Paolo VI, Allocuzione Liberaci dal male, (15-11-1972), cit. in L. Da Fara, Il Diavolo, sì perché, Ed. Carroccio, Vigodarzere (PD) 1986, p. 31.

(8) Parafrasi della risposta che Gesù dà a sua Madre quando a Cana quando gli chiede di fare qualcosa visto che il vino era finito: «Che ho da fare con te, donna?» (Gv 2, 4).