cap. 2 – Dopo l’Esilio

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2. La demonologia biblica dopo l’Esilio

L’approfondimento scaturito dalla permanenza in Babilonia ha segnato una “rivoluzione” nell’intera visione demonologica all’interno della Sacra Scrittura. La natura di questo essere spirituale ha subito, col passare del tempo, una continua ‘caduta’ fino a divenire ed apparire il diavolo che noi oggi conosciamo.
Le sue prime apparizioni, come già ricordato, lo raffigurano come un membro della moltitudine celeste, quindi non necessariamente malvagio.

2.1. Il Tentatore e l’Accusatore

Egli è al servizio del Signore Iddio ed ha il compito di saggiare la fedeltà, la rettitudine e l’integrità degli uomini. È il Tentatore che, con il permesso di Dio, mortifica negli averi, negli affetti e nella carne Giobbe, per dimostrare a Dio che questi lo teme solo perché nessun problema lo attanaglia(26).
È l’Accusatore, l’Avversario (Satan) che attacca pubblicamente l’uomo, mentre a tenergli testa c’è l’angelo del Signore(27). Nel tribunale dell’Altissimo prima è semplicemente accusatore, più tardi è visto come empio(28), attentatore dell’assoluzione del Gran Sacerdote Giosuè.
Satana è in questo caso colui che vuole far trionfare la giustizia, in forza della quale vuol dimostrare che nessuno è degno della salvezza.
A questa giustizia si oppone l’incommensurabile misericordia di Dio, che non lascia mai sola la sua creatura. Contro il Diavolo c’è il Dio misericordioso che vuole attirare tutti a sè, sotto il suo manto protettore, e che non può lasciare che nessuno si perda.
Dall’analisi dei testi veterotestamentari citati emergono due dati interessanti: l’assoluta mancanza di autonomia di azione del diavolo e, in qualità di tentatore, l’impossibilità di imporre qualsiasi cosa all’uomo.
In altri termini, l’opera del diavolo non può svolgersi senza il placet divino, senza che il Signore dica: «Eccolo è nelle tue mani!»(29). È quindi Dio stesso a dettare i termini dell’intervento di Satana, stabilendo cosa egli debba fare e quando la sua azione si debba arrestare. In nessun caso il Diavolo, autonomamente, per puro capriccio, può inveire o intervenire contro l’uomo.

2.2. La tentazione fa l’uomo santo

Per esser degni di Dio, tutti gli uomini devono passare sotto le grinfie dell’Accusatore. Attraverso questa prova l’uomo è trovato degno di Lui(30). Questo è stato il primo compito del Diavolo. Conferma Turoldo:
«il Diavolo è “l’uomo d’affari di Dio”. Così si comprende meglio la storia dei santi. Più sono santi, più sono tentati.»(31)

2.3. Dio Signore del Diavolo

Agire con il permesso di qualcuno naturalmente vuol dire essere soggetti, subordinati a Lui. Lo stesso Satana non si pone mai sullo stesso piano di Dio, rimane cioè fedele sempre al suo rango creaturale e al conseguente timore di Lui. Si tratta del medesimo timore provato da tutte le creature, diavolo compreso. Più chiara e più marcata sarà la sudditanza che il Diavolo avrà con Gesù e con coloro che agiranno in Suo nome.(32)
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Note

(26) “Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore.” E anche: “Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche Satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. Il Signore disse a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il Signore disse a Satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita». Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere.” (Giobbe 1,6-12; 2,1-7)
Naturalmente in questo caso c’è da tener presente il fatto che il libro di Giobbe appartiene ai libri poetici. Inoltre a questa idea si rifà la figura di colui che volgarmente viene chiamato “avvocato del diavolo”, cioè chi nel processo canonico, per portare agli onori degli altari qualcuno, si occupa di andare a vedere il male che il candidato ha fatto in vita, va a vedere cioè se il diavolo ha fatto centro con lui.

(27) Zaccaria 3,2, cfr nota 22

(28) “Suscita un empio contro di lui / e un accusatore stia alla sua destra.” (Salmo 109,6)

(29) Giobbe 2,6

(30) Questa idea si ritrova in vario modo espressa sia nell’Antico Testamento nel libro della Sapienza: “Agli occhi degli stolti parve che morissero; / la loro fine fu ritenuta una sciagura, / la loro partenza da noi una rovina, / ma essi sono nella pace. / Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, / la loro speranza è piena di immortalità. / Per una breve pena riceveranno grandi benefici, / perché Dio li ha provati / e li ha trovati degni di sé: / li ha saggiati come oro nel crogiuolo / e li ha graditi come un olocausto.” (Sap 3, 2-6), come nel Nuovo: “Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”; e continua ancora Giacomo, il consanguneo del Signore: “Beato l’uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano. […] Nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand’è consumato, produce la morte.” (Gc 1, 2-4.12-15).
Forse nasce da qui l’idea di correggere la versione del Padre Nostro non più con il «Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male!», con il più esatto: «Fa’ che non cadiamo nella tentazione, ma liberaci dal Maligno!»

(31) D. M. Turoldo, Il Diavolo sul pinnacolo, Cinisello Balsamo 1988, p. 30.

(32) Le citazioni in questo caso potrebbero essere tante, pertanto mi limiterò ad indicarne una dove è lo stesso Gesù a chiarire questo: «Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me!» (Gv 14,30); un’altra in cui è il diavolo a chiedere pietà a Gesù: “… e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo ? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». (Mc 5,7); un ultimo caso in cui l’esorcismo avviene solo in nome di Gesù: “Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch’essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: «Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica». Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo. Ma lo spirito cattivo rispose loro: «Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?». E l’uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite” (Atti degli Apostoli 19,13-16).

(33) A. Marranzini, Angeli e Demoni, in “Dizionario Teologico Interdisciplinare”, I, BS 1977, p. 356.