1. La demonologia biblica prima dell’esilio
La demonologia biblica non si presenta in maniera uniforme e standardizzata in tutto l’Antico Testamento. A segnarne il punto di separazione e di successivo approfondimento sarà l’Esilio Babilonese (582/1-538). Durante l’Esilio, infatti, il popolo ebraico è venuto a contatto con una cultura molto ricca, e popolata da spiriti buoni e spiriti cattivi. Il contatto con questo mondo è stato determinante per la stessa teologia ebraica. L’influsso babilonese è stato talmente stimolante da spingere i teologi giudei ad una rilettura retrospettiva della propria storia salvifica e ad un lavoro all’interno di tanti eventi e verità di fede presenti nella teofania ebraica.
Tra l’altro, è dalla religiosità babilonese che sono state “importate” le rappresentazioni degli stessi Cherubini e Serafini, sotto le spoglie di animali alati (9), o il demone femminile “Lilit”, che vaga tra le rovine (10).
1.1. La trascendenza di Dio
La meditazione stimolata dalla religiosità babilonese ha avuto il merito di sottolineare la separazione della religione ebraica da quelle circostanti. Infatti l’assimilazione e la conoscenza del mondo babilonese misero in evidenza l’originalità e l’unicità della religione dell’Unico Dio. Alla personificazione delle malattie, della morte, del male in genere, alla canonizzazione delle forze della natura sul modello panteistico, proprie dei babilonesi, si contrappose, radicalizzandosi, la totale trascendenza di Dio, “principio unico dell’universo, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili, spirituali e corporee”, per usare le parole del Credo del Concilio Lateranense IV(11).
Diventò inconcepibile per gli ebrei un intervento diretto di Dio, un Suo abbassamento nelle questioni che riguardavano il mondo. Per gli Ebrei, invece, il Creatore interviene dall’alto dei cieli con la sua schiera celeste. Ma una tale visione articolata e razionalizzata deve la sua origine all’Esilio, sarà cioè solo il frutto di uno studio e di una meditazione tardiva, che analizzeremo in seguito.
1.2. L’Unicità di Dio
Prima dell’Esilio, la grande preoccupazione dell’Autore sacro è quella di proteggere l’integrità e l’unità della fede del popolo ebraico ed è per questo motivo che nei primi scritti della Sacra Scrittura risulta quasi del tutto assente una demonologia dettagliata, unico modo per evitare di fomentare un dualismo teistico di tipo manicheo.
Il popolo d’Israele era appena arrivato, attraverso tante traversie e dopo molti problemi, a vedere Dio come l’unico e solo suo Salvatore, prima, e Creatore, dopo. Per lui era ancora facile sfociare in culti satanici e pratiche superstiziose, anche perché la propensione e l’ambiente circostante lo incoraggiavano in tal senso. In questa fase si evita, quindi, con tutti i mezzi di parlare di un essere personale malvagio, “pervertito e pervertitore”(12), il quale poteva benissimo essere innalzato, dalla mentalità popolare, alla dignità di Dio del Male, in contrapposizione al Dio del Bene.
1.3. Il Tempo Messianico
Altro motivo, non meno importante, di questa molto scarna demonologia si deve alla convinzione che tale argomento fosse proprio del tempo messianico. Infatti sarà la demonologia, come l’angelologia, uno dei fulcri intorno a cui ruoterà la letteratura apocalittica e neotestamentaria, luoghi deputati a più chiare trattazioni sul “Drago”, la cui “coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le scagliava sulla terra”(13) o sulla bestia e i suoi profeti(14).
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Note
(9) “Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d’un vitello, splendenti come lucido bronzo. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d’uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l’una all’altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé. Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila. Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Ciascuno si muoveva davanti a sé; andavano là dove lo spirito li dirigeva e, muovendosi, non si voltavano indietro.” (Ezechiele 1,5-12)
(10) In un brano di Isaia (34,14) si fa riferimento alle civette da intendere come riferimento letterale a Lilit, corrispondente a Lilitu, demone babilonese che abita la notte e la tempesta: “Gatti selvatici si incontreranno con iene, / i satiri si chiameranno l’un l’altro; / vi faranno sosta anche le civette / e vi troveranno tranquilla dimora”.
(11) Concilio Lateranense IV, Decreto “Firmiter”, (del 11-11-1215), cit. in L. Da Fara, Op.cit., p.24.
(12) Paolo VI, Allocuzione Liberaci dal male, (del 15-11-1972).
(13) Apocalisse 12,4.
(14) “Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande. Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera presa d’ammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?». Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d’orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello immolato.” (Ap 13, 1-8)