13 maggio – Conversazione biblica: Gesù Maestro

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Il tema: Gesù maestro, via – verità – vita sarà presentato nel corso di una conversazione biblica presso le Suore Marcelline il 13 maggio alle ore 19.00, a cura di Sr. Filippa Castronovo (FSP biblista) e don Luigi Manca (Direttore ISSR – Lecce). La manifetsazione si inserisce all’interno dell’approfondimento degli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano.

 


Gesù  Maestro

 

 

A proposito del termine Maestro

La figura del “maestro” ha un grande rilievo nella Bibbia. Il maestro trasmette la sapienza e, tramite la sua esperienza, conduce sui giusti sentieri.  Nessuno si sviluppa in modo individuale e solitario.  Il 27 maggio 2010 Benedetto XVI all’Assemblea generale CEI precisò:

«Una radice essenziale consiste – mi sembra – in un falso concetto di autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe svilupparsi solo da se stesso, senza imposizioni da parte di altri, i quali potrebbero assistere il suo auto – sviluppo, ma non entrare in questo sviluppo. In realtà, è essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dall’altro, l’‘io’ diventa se stesso solo dal ‘tu’ e dal ‘voi’, è creato per il dialogo, per la comunione sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’‘io’ a se stesso. Perciò la cosiddetta educazione “antiautoritaria” non è educazione, ma rinuncia all’educazione: così non viene dato quanto noi siamo debitori di dare agli altri, cioè questo ‘tu’ e ‘noi’ nel quale si apre l’‘io’ a se stesso».

La funzione del ‘maestro’ è importante. Occorre, però, notare che il termine “maestro” come  la figura del “maestro” siano ambigui o rischiosi. Il termine ebraico rabbì  (maestro) significa “mio grande” (da rav, grande, potente). Essere rabbì (maestro) è un servizio indispensabile in ordine alla crescita,  ma anche un titolo di prestigio.  La sfida consiste nel come  questo servizio è int eso e vissuto. Questa focalizzazione richiama l’atteggiamento di Gesù, il rabbì, venuto per servire e non per essere servito (Mc 10, 45). Egli che ‘da ricco che era si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà’ (2 Cor 8,9).  Il termine ‘rav’ richiama il latino  magister che indica uno che è “magis”, cioè di più, superiore all’altro. Come tale è signore dell’altro.

Gesù è chiamato maestro

Tra i titoli cristologici  (Figlio dell’uomo, Messia, Cristo, Signore, Nazareno) quello di maestro, con i suoi sinonimi, nei Vangeli è tra i più ricorrenti. Gesù è chiamato maestro ‘Rabbì’, ‘Rabbunì’; “Maestro”, oppure,  Signore  Epistàtes, volte.  Lo chiamano rabbì i discepoli (Lc 5,5; Mc 10,35), le discepole (Gv 20,16), le persone che lo incontrano, come, il giovane ricco  (Mc 10,17), Nicodemo ( Gv3,2), gli ammalati in cerca di guarigione (Lc17,13; Mc 10,51), i maestri ebrei ( Mt 12,38). Il termine maestro ‘didaskalos’ (maestro) nel Nuovo Testamento ricorre 58 volte, e nei vangeli  ben 48 volte, prevalentemente applicato a Gesù. Il verbo insegnare ricorre 95 volte.  Gesù per la comunità cristiana è il ‘maestro’.  Come i rabbì del tempo, parla in pubblico:  (Mc 9,5; 10,51): nelle sinagoghe, nelle piazze, nel tempio. Essendo maestro è  circondato da discepoli ed ha una sua scuola alla quale invita (cfr Mt 11,23-25).  Vi è  tuttavia una discontinuità rispetto ai rabbì del suo tempo: mentre costoro sono scelti dai discepoli, Gesù invece sceglie personalmente chi dovrà seguirlo,  proponendo loro una relazione vitale, una comunione di vita e di destino, e non una dottrina diversa o migliore e li invita stare con lui. Gesù rispetto agli usi del tempo, manifesta  una certa ‘discontinuità’. Convince la sua persona prima che la sua dottrina. Gesù a differenza dei vari rabbì  è autorevole non autoritario. Marco fin dal primo capitolo precisa: «Li ammaestrava come uno che ha autorità e non come gli scribi» (Mc1,22). La sua autorità deriva dall’autorevolezza! Egli è autorevole perché la sua persona e il suo insegnamento rifugge dalle convenienze. Non si piega dinanzi ad alcune secondo logiche di tornaconto: «Sappiamo che sei sincero e non guardi in faccia nessuno» (Mc 12,14). Gesù insegna la via di Dio secondo la verità, cioè nella fedeltà. Il suo insegnamento è effetto del suo essere  ‘discepolo’ del Padre. Gesù impara dal Padre suo: «parlo come mi ha insegnato il Padre» (Gv 8, 28). Opera come vede fare al Padre. Prende dal Padre e rende conto al Padre.  Può essere vero maestro colui che sa essere fedele discepolo

Gesù accetta di essere chiamato maestro

Gesù, tuttavia, non mostra interesse per questo titolo onorifico. In due occasioni  importanti, mostra di gradire questo titolo. Nel clima della lavanda dei piedi, Gesù accetta il titolo di Maestro e  Signore e si propone come esempio di vita (Gv 13, 13-14). Gesù si rivela il Maestro ma anche la ‘lezione’. L’altra ricorrenza è in  Matteo quando chiarisce che il vero maestro, non opprime i suoi discepoli, ma crea relazioni liberanti che realizzano un rapporto adulto, responsabile e maturo verso Dio e i proprio simili (Mt 23, 8). Gesù non teme di denunciare negli scribi, maestri per eccellenza del suo tempo, il loro atteggiamento autoritario e altezzoso  (cfr Mt 23, 1-36). A questo  modo di comportarsi contrappone il suo atteggiamento umile, mite, autorevole, che propone legami profondi con lui, gli unici che diano senso alla vita e ‘riposo’ dagli  affanni inutili, dalle corse senza meta e dalle formalità che appesantiscono la vita (Mt 11,28-30).  Gesù è vero Maestro, come ricorda, nel secondo capitolo, il documento ‘Educare alla vita buona del vangelo’ perché  si prende cura di tutta la persona. E’ un Maestro con il cuore di pastore. «Vedendo le folle, ebbe compassione, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare» (Mc 6,34.39-41). Gesù maestro si prende cura delle ‘pecore sbandate’ che hanno perduto la strada, che non sanno a chi appartengono,  mediante l’insegnamento e con la frazione del pane.  L’insegnamento  è servizio alla vita come il pane è il cibo che fa vivere. Gesù Maestro dona tutto questo perché dona tutto se stesso. E chiede molto ai suoi discepoli, provoca risposte coraggiosa, propone ideali alti, e nello stesso tempo  stimola energie, invita a essere protagoniste della propria gioia, della propria vita e del proprio rinnovamento (cfr l’episodio di Zaccheo: Lc 19,1-10). Gli Orientamenti  della CEI invitano a vedere come Gesù ha educato i suoi discepoli e come li ha sostenuti nel cammino di crescita nella fede in Lui mediante relazioni coinvolgenti, vere e profonde. Solo Lui resta pertanto il modello –maestro di ogni educatore.

La vita buona secondo il Vangelo comincia, e spesso semplicemente consiste, nella capacità di buone relazioni con se stessi e con gli altri. Da Gesù che invita ad andare a lui «Venite a me voi tutti e imparate da me» si impara a vivere queste relazioni che costruiscono l’identità personale di cui particolarmente, oggi, che siamo bombardati da tanti psudomaestri,  abbiamo tanto bisogno.

Sr Filippa Castronovo, Figlie di san Paolo