cap. 3 – Libertà e tentazione

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3. La libertà dell’uomo e il tentatore

La creaturalità di Satana ci porta ad un’altra considerazione. Come il Diavolo si pone nei confronti dell’uomo, altra creatura, immagine di Dio?
Il Demonio non può che avere lo stesso atteggiamento che Dio stesso ha nei confronti dell’uomo. Egli non può far altro che spingere l’uomo a sceglierlo come suo signore. Il Diavolo in nessun modo può imporsi o può imporre alcunché all’uomo. Tenta l’uomo. Lo spinge a compiere il male. Rimane così franca la possibilità dell’uomo di scegliere e di aderire al luciferino disegno. Afferma Marranzini:
«Il Diavolo può nuocere all’uomo solo nella misura in cui questi liberamente consente alla sua istigazione (Gv 8, 38), ne segue i “desideri” (Gv 8,44), ne compie “l’opera” (Gv 8,41) e lo ha per “padre”»(33).
Satana può entrare in possesso di una persona, soggiogarla, solo quando questa liberamente lo decide o rende il terreno coltivabile(34). Comunque l’intenzionalità non può considerarsi ancora adesione al male tout court. Sono necessari la piena avvertenza e il deliberato consenso, cioè l’agire da malvagio.
Quando l’uomo compie il male, sembra agire all’interno di uno schema-tipo che analizzeremo dettagliatamente ma brevemente nella parte finale e che possiamo ritrovare in due episodi biblici, rispettivamente uno nell’Antico e uno nel Nuovo Testamento. Si tratta del racconto della caduta di Adamo ed Eva e del tradimento di Giuda. In questo momento analizziamo solo il brano tratto dal Vangelo secondo Giovanni.
Nell’episodio sono nettamente distinti il momento dell’ispirazione del diavolo al peccato (Gv 13,2)(35), quindi della tentazione, dell’intenzione (fatto che avviene prima dell’ultima cena), e il momento in cui l’apostolo passa all’azione (dopo la cena – Gv 13,27)(36). Solo a questo punto “Satana entrò in lui”. Quando Giuda agisce è notte (Gv 13,30)(37). Il regno delle tenebre si impossessa di lui e dell’intera umanità. Sono le stesse tenebre che ritroviamo al momento della morte in croce di Gesù. È il momento in cui Satana pensa di aver vinto la sua guerra, non sapendo che in quello stesso istante stava iniziando la sua fine. Da quelle tenebre anticipa un sole nascente che prelude ad un’alba nuova, un’alba eterna.

3.1. Il Malvagio

Ma il Diavolo, come si è ricordato, non è solo il tentatore, colui che istiga l’uomo, sviandolo egli è anche l’Accusatore. È Satana, paladino della giustizia(38).
Sventolando la bandiera della giustizia contro quella della misericordia di Dio, Satana abbandona definitivamente il suo ruolo di angelo al servizio di Dio (Sal 10 8,6) . Satana tenta e accusa anche ingiustamente l’uomo, vestendo in tal modo anche ontologicamente l’abito del malvagio, di colui che vuole esclusivamente la rovina dell’uomo.
Nel Primo libro delle Cronache (1Cr 21,1) la sua metamorfosi è da considerarsi completata. Da questo episodio in poi il Diavolo verrà presentato unicamente come malvagio. In qualità di “Padre della menzogna” «insorge contro Israele» facendo ritenere giusta a Davide la necessità di censire il popolo. La punizione di Dio non si farà attendere. Ecco giungere la peste a lavare il peccato del re, che si è lasciato accecare la mente dal diavolo.
In questa azione  cambia chiaramente l’atteggiamento dell’Autore sacro nei confronti del Diavolo.
Infatti lo stesso avvenimento nel Secondo libro dei Re (2Re 24,1) si ritiene ispirato da Dio, mentre in 1Cr lo si deve al Diavolo. Solo Satana, malvagio in tutto e per tutto, sembra possa ispirare il male.

3.2. Il Diavolo e l’Uomo

È sempre il diavolo che “regala” la morte all’uomo. Per invidia (Sapienza 2,23-24)(39) di quell’uomo, nato per essere immortale e creato ad immagine della natura di Dio, Satana mina alle radici quanto è stabilito sin dal principio.
L’uomo deve questo regalo alla coazione delle due necessarie componenti del peccato: la tentazione di Satana, da un lato, e la propria libera scelta, dall’altro. Scelta che ha determinato non soltanto la morte “temporale”, ma anche la morte “eterna” per chi segue le orme demoniache. A costoro è assicurata la tortura “con fuoco e zolfo” e “il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte”(40).
Questo è un dato inoppugnabile:
«Satana è in lotta contro l’uomo. Questi è l’immagine di Dio, è creato dal suo amore e destinato alla vita soprannaturale e alla partecipazione alla felicità stessa di Dio. Satana, in quanto nemico di Dio, non può perciò non essere nemico dell’uomo, di cui vuole impedire la salvezza. Come questo avvenga appartiene al “mistero della storia” umana che solo Dio conosce. Ma è certo che nella storia umana Satana compie la sua opera di seduzione e di tentazione: opera che si rivolge contro i singoli, uomini e donne, ma che possono cadere “sotto il potere del maligno” (1Gv 5,19)».(41)
L’azione di Satana sembra rivolta unicamente a far fallire definitivamente il più grande disegno di Dio, la salvezza dell’uomo; per questo il diavolo cerca di aizzarlo contro di Lui. Non poteva sopportare che una creatura, “fatta poco meno degli angeli” fosse coronata di gloria e di onore(42), avesse per l’eternità la beatitudine della visione di Dio.
Sembra che quasi masochisticamente, in quanto è conscio del fatto che dovrà capitolare, il diavolo attenta alla beatitudine dell’uomo. Questa invidia causerebbe in lui un grande dolore. Ritengo calzante la considerazione che Dostoevskij fa sui dannati, ma che benissimo possiamo attribuire al diavolo. Il romanziere russo scrive:
«toglierli da quel supplizio spirituale non si può, poiché il patire è tutto dentro di loro, e per niente esterno. E, io penso che, se fosse possibile liberarli da quelle sofferenze, sarebbero più infelici che mai. Anche se i giusti, dal paradiso, li perdonassero in considerazione della loro pena e li chiamassero nel loro amore infinito, non farebbero altro che farli soffrire ancora di più, facendo risvegliare in loro ancora più forte l’ardente bramosia di corrispondere a quell’amore con altro amore operante e gradito, loro che amare non possono più».(43)

3.3. L’invidia del Diavolo

Potrebbe, colui che è “peccatore sin da principio”, venir meno alla sua natura? La solitudine in cui versa il peccatore e quindi l’invidia per colui che si è redento portano Satana a mettere in campo qualsiasi mezzo per poter colmare il vuoto in cui vive. Il sapere di non poter corrispondere all’amore che Dio ha per le sue creature aizza ancora di più la sua lotta contro l’uomo, come fomenterà la sua futura lotta contro la Chiesa, perpetuatrice della Grazia e della Misericordia di Dio “hic et nunc”, assicuratrice del premio dovuto ai giusti.
Nascerebbe da questo atteggiamento interiore la chiara ribellione che i demoni paleseranno di fronte alla parola di condanna di Gesù; cacciati, si rivolgeranno contro il Messia dicendo: «Sei venuto a tormentarci?»(44) e usciranno dagli indemoniati dimenandosi e gridando(45).

3.4. Il Pentimento

Quello del Diavolo è un tormento reale anche perché è oggi consapevole che tutto il suo operato può essere reso inutile da una semplice “lacrimuccia” di pentimento. Questa lacrimuccia può distruggere il lavoro costante e incalzante portato avanti nel corso di tutta la vita di un uomo.
Ricorda Pasolini:
«Osserviamo un momento questa “lacrimuccia”. Fino a quel punto l’uomo dal cui ciglio quella strenua e sublime lacrimuccia è gocciolata, era stato un peccatore: il suo era stato un esempio di male. Quella lacrimuccia ha rovesciato la sua vita: ha gettato su di essa, retrospettivamente, una luce completamente diversa; il male è diventato un non-male, un contrario di essere bene, una volontà di essere bene, un bene inespresso, una rabbia di non essere bene, un’impotenza a non volere essere il bene, una forma aberrante eppure divina del bene.»(46)
La misericordia e la bontà di Dio sono più grandi dei dozzinali disegni di dannazione del Diavolo.
Non si può certo negare un ruolo ed una presenza reale del Diavolo nell’Antico Testamento. Si tratta di un essere spirituale strumento di salvezza nelle mani del Signore, prima, mezzo di condanna dell’uomo, poi. Egli è l’accusatore che, per amore della giustizia, è divenuto calunniatore. “Satan” diviene per i LXX “diabolos”, colui che separa (dal verbo greco dia-ballo), che divide l’uomo da Dio, la creatura dal Creatore. È il “peccatore sin da principio” «che cerca di rovinare in modo nefasto gli uomini, per stimolarli alla ribellione contro Dio e istigarli all’allontanamento da lui».(47)
La fine di tutto non è questa; è diversa!
La visione vetero-testamentaria non è pessimistica. Già nei primi capitoli della Bibbia viene lasciata aperta la porta alla speranza. Non bisogna dimenticare che l’uomo nasce come “cosa molto buona” (Gen 2,31), pronto alla propria “rinascita”; nello stesso tempo la fine del diavolo è vicina. Il tempo si sta per compiere. Una nuova era si sta per aprire. Una Nuova Alleanza si schiude grazie al “fiat” (Lc 1,8) di colei che «schiaccerà la testa» (Gen 3,15) al serpente, strumento di male.

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Note

(33) A. Marranzini, Angeli e Demoni, in “Dizionario Teologico Interdisciplinare”, I, BS 1977, p. 356.

(34) Proprio per evitare che il diavolo passi dal possesso all’esorcista, come si vede fare in maniera hollywoodiana in qualche film, nel momento della delega ad un sacerdote perché celebri gli esorcismi, il vescovo della diocesi deve scegliere un integerrimo presbitero “dotato di pietà, di scienza, di prudenza e di integrità di vita” (Codice di Diritto Canonico, n. 1172).

(35) “Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo.”

(36) “E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto».”

(37) “Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.”

(38) cfr. A. Marrazini, Op. cit., p.355.

(39) .“Sì, Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; / lo fece a immagine della propria natura. / Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; / e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.”

(40) Apocalisse 14,10-11

(41) La Civiltà Cattolica, La fede cristiana e il diavolo, Editoriale, III (1986), p. 457.

(42) Salmo 8,6.

(43) F. Dostoevskij, Op. cit., p. 306.

(44) Mt 8,29.

(45) Mc 1,24-25.

(46) P. P. Pasolini, I sintagmi viventi e i poeti morti, in Empirismo eretico, Milano 1972, p. 255.

(47) D. Zahringer, I Demoni, in AA.VV., Mysterium Salutis, IV, Brescia 1970, p. 793.